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Il prerequisito etico nella presa in carico di un paziente.

Dott.ssa Anna Dalle Ore

La Bioetica rappresenta, almeno per quanto mi propongo, un affascinante consapevolezza con cui prendere in considerazione il proprio lavoro, entrando in rapporto con il paziente a me affidato che ripone fiducia nella proposta terapeutica.
Il punto di partenza risiede sempre in questo rapporto di fiducia tra due persone; quindi diffido della stesura di regole e norme, mi piace approfondire la radice di questo rapportarsi tra due persone: un medico giustamente animato dal desiderio di guarire il paziente che, dal canto suo, vive l’esperienza della fragilità della natura umana.
Il primo dei Principles of Medical Ethics della American Medical Association, pubblicati nel 1848, stabilisce: “L’obbiettivo principale della professione medica è di rendere servizio all’umanità con pieno rispetto della dignità dell’uomo”.
La psichiatria, nell’ambito delle scienze mediche, occupa una privilegiata posizione tra la biologia e le scienze umane esponendosi, in modo particolare, al clima culturale; lo psicoterapeuta, particolarmente nell’epoca contemporanea, non può più essere solo concentrato sul paziente ma dovrebbe essere consapevole del sistema di valori e delle situazioni psico-sociali che alimentano lo spazio della fragilità. La solitudine, il non senso della giornata e della vita, la perdita della volontà e della necessità di lottare per qualcosa ledono la solidità dell’Io: tutto lascia l’individuo nell’insicurezza dove la depressione trova il suo spazio.
La malattia mentale, comunque la si voglia definire e classificare, presenta una peculiarità: coinvolge il soggetto privandolo della sua capacità di autodeterminarsi, gli toglie la possibilità di prendere le distanze dalla propria malattia e quindi in qualche modo di dominarla .

“Noi possiamo interrogarci sull’esistenza dell’uomo soltanto nel vivo atto della sua esistenza. Non esiste antropologia al di fuori di quella drammatica” .

Un’antropologia è adeguata solo se tiene conto del fatto che, quando l’uomo giunge a riflettere su di sé, non può prima pensare il discorso e poi cominciare ad essere uomo; è già dentro un esserci, riflette su chi egli sia.
Non v’è spazio per una impossibile riflessione aprioristica di carattere teorico sulla natura dell’uomo da cui trarre conoscenze da applicare, poi, alla vita.
Il primo carattere che colpisce colui che prenda in considerazione gli aspetti della condizione umana è la sua misteriosità: il mio Io non appena diviene consapevole, si trova in un mondo che non ha voluto o scelto, che apparentemente si mostra più ostile che benigno, in una selva oscura di cui non sa trovare l’uscita.
Il mistero ci circonda da ogni lato e nasce così spontaneamente alla mente del giovane e poi sempre più insistentemente in quella dell’uomo: “ha sì o no la vita umana un senso…?” .
La domanda morale è sempre soggettiva e coinvolge il soggetto stesso che la pone.
Questa domanda è ineludibile e ci porta a compiere scelte che esige e che in un certo senso costringono; una non risposta è già una risposta, non si può uscire dalla condizione umana, non si può rimanere estranei: la presunzione di rimanere neutrali o apartitici è illusoria.
In ogni atto della nostra esistenza, di ognuno dei nostri atteggiamenti o forme di condotta, si riflette, come in uno sfondo, l’opzione fondamentale di tutta la nostra esistenza.

"La cosa più bella è la più grande giustizia; la cosa più buona è la salute; ma la cosa per natura più piacevole è raggiungere ciò che si desidera" .

Una natura determinata dal rapporto con l'infinito; una natura finita e limitata la cui definizione più appropriata è la costitutiva ed intrinseca tensione alla dimensione trascendentale.
Molto è stato scritto al fine di determinare la natura dell'uomo: si è, nel tempo, ricercato i parametri, al pari delle varie specie, che popolano la nostra terra, per poter definire, strutturare e misurare l'umana specie.
Questo lavoro ha dato origine a una concezione di umano determinato dal criterio con cui viene misurato, quantificato o valorizzato. Dal materialismo più oltranzista, al sociobiologismo, al liberalismo; l'uomo o la persona è il risultante di una misura determinata, da una serie di criteri che ricercano una oggettività che, in fondo, sfugge perché determinata sempre dallo strutturale limite che la natura impone.
Appare, nel tentativo di armonizzare, fondare e giustificare il concetto di persona la prospettiva ontologica; uno studio che ha le sue radici nella tradizione aristotelico-tomista e trova in epoca moderna e contemporanea autori cattolici o esistenzialisti.
Una primaria attenzione, per delineare il campo di interesse ed utilizzare un mezzo di indagine adeguata per pervenire ad una conclusione fedele al fine preposto, deve essere dedicata all'intrinseca domanda: l'interesse che verte sulla natura dell'uomo, di conseguenza al sua agire, è di tipo speculativo o esperienziale?; il che implica: riguarda me, il mio io come costitutivo ed espressione della mia persona, o è una accademica disputa concettuale?
La preoccupazione procedurale, prenderà due strade diverse a seconda del livello a cui decidiamo di aderire; se l'aspetto determinante è quello speculativo, viene ad imporsi un rigore metodologico che, prevalentemente, prende in considerazione gli aspetti procedurali, che utilizzano come strumento più proprio quello della logica; se l'interesse verte sulla dimensione esperienziale la dinamica di azione e conoscenza saranno intimamente connesse e, secondo una modalità implicita, che necessita però di una esplicitazione, implicano un rapporto dinamico tra l'agente conoscente e l'oggetto da conoscere. Un rapporto che è fondamento, non solo di conoscenza, ma anche di conosciuto, è cioè nel contempo strumento e fine. L’uomo di oggi vuole essere o assorbito nel chiasso collettivo o solo nell’aldiquà, senza nostalgia di trascendenza; esige di essere soltanto uomo in lotta col tempo: come “essere-nel-tempo” (Heidegger), come “essere-in-rivolta” (l’homme revolté di Camus) e questo perché intende l’essere come libertà e perché interpreta la libertà come possibilità pura e apertura illimitata, come identità di essenza ed esistenza, di possibilità e realtà, di esterno e di interno, come superamento delle opposizioni, secondo la definizione hegeliana, ma per ritrovarla un momento dopo nei conflitti inarrestabili della storia.

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