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DEPRESSIONE E RICERCA DEL SENSO

Dott. Carmelo Samonà


Sebbene la depressione possa essere identificata e determinata nosologicamente come malattia, i suoi contenuti riguardano nel senso più generale la natura stessa dell’esistenza umana. Essa infatti porta ad espressione uno degli aspetti fondamentali del dolore, rappresenta per così dire uno dei versanti in cui il dolore si manifesta. Rappresenta infatti il dolore sperimentato da dentro, il versante interno del dolore.
Il dolore costituisce un aspetto sostanziale dell’esistenza, quell’aspetto in cui viene sperimentata la privazione, la distanza, l’estraniamento dall’essere. Viene sperimentatala cioè frattura, l’interruzione della relazione con la realtà. Il dolore è l’esperienza della divaricazione dalla realtà e della ricaduta in se stesso, così come il piacere è l’esperienza dell’identità con l’essere, della possibilità di identificazione e di integrazione con la realtà del mondo.
 La relazione tra piacere e dolore è la manifestazione esperienziale della dialettica tra essere e non essere.
 Il dolore è l’esperienza del lutto radicale su cui si fonda la coscienza di sé, dell’essere esiliati nei confini di sé stesso fuori del mondo. Ma, mentre il dolore fisico si consuma in uno spazio discriminabile dalla coscienza, nello spazio diversificato della geografia del corpo e rappresenta l’esperienza dell’interruzione di un’area della nostra relazione col mondo esterno, mentre il dolore fisico si consuma dunque nel versante esterno del nostro essere, il dolore proprio della depressione emerge dall’interno, da quello spazio rovesciato nel quale l’uomo sperimenta se stesso. Il dolore della depressione intacca l’esistenza da dentro, si insinua laddove l’uomo sperimenta se stesso, sente, vuole se stesso.
Il dolore organico è dunque privazione di quella relazione con la realtà di cui è mediatore il corpo.
Il dolore della depressione risale invece da dentro, annullando dall’interno la relazione con la realtà, la percezione del senso del mondo. E’ l’ottenebramento di ogni relazione con la realtà, con il senso dell’esistenza. Può dunque diventare l’esperienza di una solitudine radicale, l’esperienza della privazione, come il diventare coscienti del nulla e della propria impotenza.
Da questo punto di vista la depressione sembra l’esperienza interiore di ciò che esteriormente si manifesta come oscurità e peso. Il linguaggio umano che nei suoi modi di dire porta ad espressione gli strati profondi dell’essere, gli strati dormienti e sognanti, coglie la intrinseca somiglianza tra depressione e oscurità. In realtà tutto ciò che è in relazione con la luce e il calore viene sperimentato nel linguaggio come intrinsecamente legato all’espansione di sé e all’integrazione col senso del mondo, mentre ciò che sta in relazione con l’oscurità, il freddo e il peso viene sperimentato nel linguaggio come intrinsecamente legato alla vergogna alla colpa, all’angoscia. Il cielo per quei sostrati profondi del nostro essere che trapassano nel linguaggio, è sentito come lo svelamento esteriore di ciò che internamente dà sollievo, gioia, la terra invece come l’immagine del dolore, della colpa: la colpa appunto pesa, un’esperienza angosciosa è terribile, la vergogna fa cadere la faccia a terra e così via.
Vi è dunque nella depressione come uno sprofondamento al disotto dello spazio dove luce e tenebre si incontrano, uno sprofondamento nel sottosuolo, nell’oscurità. Si cancella l’esperienza dello spazio come luogo della manifestazione di sé, dell’intellegibilità del senso del mondo attraverso la luce.
Ma non solo l’esperienza dello spazio è profondamente modificata per la cancellazione della luce, ma lo è anche l’esperienza del tempo per la cancellazione del sentimento del futuro. In realtà nella depressione si produce una caduta al di sotto del tempo per cui la propria condizione interiore viene sentita come immutabile, inguaribile. Viene meno l’esperienza del futuro,del futuro come luogo del cambiamento, della possibilità, della speranza. Il futuro, la speranza si estinguono sino alla disperazione. Il futuro viene percepito come il passato cioè non come il luogo della possibilità, del libero agire, bensì come il luogo della necessità, di ciò che è ormai ineluttabilmente definito, decretato. “Sono finito” è una tipica espressione della depressione. Essa indica il sentimento di una realtà che è già definita, conclusa, senza possibilità di cambiamento. Essa esprime la perdita del senso del mondo come finalità, cioè come ciò che dal futuro suscita la volontà.

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